domenica 7 dicembre 2008

siamese dream


ricordate il disco degli smashing pumpkins????

Milena

Passare, mutare, cambiare, transitare, nascere, trascorrere. La prospettiva di queste parole porta a vedere il punto di arrivo B, dal punto di arrivo. Ma provare a vedere il punto B da quello di partenza non è una cosa facile.
Non si vede una gara di corsa che dalla classifica di arrivo, non si vede un viaggio che dal posto in cui ci si ferma.
Mi piace l’ idea che non sia l’ arrivo la cosa più importante, ma il passaggio, il viaggio. Per comprenderlo meglio ho tentato di vederlo da un passo ancora precedente, dal punto di partenza, da A. Vedere me stesso appena nato dalla prospettiva del grembo materno, io, indeciso e ingenuo; non so se accettare l’ invito di un destino che vuole accompagnarmi in una vita che non conosco, ignota, lasciando uno spazio ormai amato e ben conosciuto per nove interi mesi. Non lo voglio sciogliere questo nodo ombelicale che strozza il mio cordone, anche se soffoca.
Questa è la mia transizione, il mio passaggio da incoscienza a coscienza di me stesso, di vita. Questo è il mio parto.

Assistenza

Tiberio Sorvillo: assistenza creativa e fotografica
Blu: appoggio concezionale

Soggetti

Blu (il destino, alone viola, il colore della transizione)
Me (me)

Immagine composta, creata, scattata ed elaborata nello studio VISUALATE PHOTOGRAPHY di Matteo Groppo e Tiberio Sorvillo, via Kravögl 18, Bolzano

manifesto in_Fusione

Infusione è un’idea.
E’ un concentrato spaesante.
Un’esperienza assolutamente soggettiva.
Infusione ha preso le sue sembianze quando ha traslocato fuori dal quotidiano: si è ritagliata un ambiente dove far vivere e ri-vivere esperienze fortemente emotive, viscerali.
In-fusione comunicando fluidifica, emettendo e rimettendo le forme rigide del contemporaneo. Smuove sassi e nuvole per riunire, ha obbiettivi di comprensione della necessità di più principi.
In-fusione nasce dal bisogno di unire nuovamente le diverse strutture che ci danno vita: le nostre costituzioni ambientali, sociali, culturali, fisiche, psicologiche e sentire quelle degli altri.
Si va verso una con-fusione che allaccia e lega il tutto con il tutto: l’accettazione delle parti buie e quelle chiare, cattive e buone. E’ la necessità di accettare per comprendere meglio i bordi opposti e creare, nel paradosso, un avvicinamento che proprio per la sua momentanea compiutezza dà benessere. Si parla di ciò che succede in microsistemi (come il singolo individuo) ed in macrosistemi( come il mondo): li approfondiamo insieme alle loro relazioni, comprendendo che le regole che li governano sono le stesse. A livello personale andare incontro alle proprie zone d’ombra permette di affrontarle ed accettarle per stare meglio. Da qui risulta la libertà di fare tutto ciò che si vuole e che si è, senza fare del male agli altri. Affrontare oppure accettare qualcosa sono azioni che vanno riportate nelle nostre relazioni con gli altri, nel nostro mondo.
Per leggere tutte queste esperienze abbiamo bisogno di strumenti emotivi, quindi di Arte.
Il nostro lavoro è miscelare le diverse forme d’arte, anche apparentemente in attrito, per andare oltre. Non perché i sistemi dell’arte non bastano a loro stessi e nemmeno per accatastarli semplicemente: ma per costituire un movimento primariamente mentale che risveglia una connessione senza sovrapposizione, uno spartire accrescente.
Musica elettronica, classica, rock, jazz e blues. Architettura, fotografia, performance, grafica, installazioni, poesia, scultura, psicologia, pittura, canto gospel, blues, tenore. Sono le nostre forme di comunicazione. Sono mezzi da cui si amplificano e verificano emozioni. Sono punti che vanno uniti per trovare la costellazione funzionale… per sensibilizzare, mettere insieme, creare.
Il valore ricercato sta nell’unicità dell’iniziativa perché nasce ora, qui, fondandosi su 14 artisti scelti. La congiunzione delle arti e delle persone provoca un prodotto di valore maggiore di quello dato dalla pura somma delle parti: un creato ricco e sfuggente nella definizione.






Mi piace fondere segni, caratteri, sensi.
Creare
con componenti apparentemente
incompatibili, stridenti, misteriose
mi rasserena.

Prima che queste idee si concretizzassero in un Evento-iniziazione, ho sempre cercato di riuscire a comunicare al di là della parola, della scrittura, dell’immagine, del corpo performativo. Ho pensato che queste forme d’arte sigillate in descrizioni accademiche andassero liquefatte e mescolate. Girando gli ingredienti comparivano opere che univano le figure e le parole ma non era abbastanza…poi ho seguito dei segni che portavano a nozioni viventi, che parlavano di principi appartenenti altre storie, diverse, anche opposte ma collegabili alla mia. Da questo esperimento è nata una formula di componenti che ho sentito affini e raggruppato a scatola chiusa: da provenienze diverse e preparazioni diverse, tutti gli artisti si sono avvicinati a tutti. Persone che non si conoscevano tra di loro hanno dato origine ad una sinergia intensa. Professionisti di diverse età (dai 22 ai 50 anni) si sono affiancati in un lavoro complesso senza sacrificare il proprio pensiero. Alcuni non avevano mai visto il luogo dove è avvenuto lo spettacolo, altri non avevano mai compartecipato ad una opera collettiva. Il ‘compromesso’ ha agito nella sua accezione più preziosa: ha fatto com-promettere coinvolgendo, ha creato una crepitante relazione tra gli artisti. Queste energie sviluppatesi hanno portato oltre gli obbiettivi della situazione, spingendo quest’idea a crescere. Ora Infusione non è più solo il nome del Festival annuale che avviene agli inizi di agosto a Selva Grossa (Parma), ma è diventato un Movimento Artistico nel quale quattordici persone danno Vita. Questo interesse ci porta a fermentare ed a creare, creare, creare.

Corinna Conci


Nascono così gli eventi di InFusione. Ogni evento proposto è unico, è una prima di uno spettacolo che non avrà seguiti. Ogni evento è diverso. Ogni evento può modificarsi mentre lo si attua. Ogni evento è improvvisazione, come nella vita è seguire ciò che si sente avendo una meta.
L’attuazione dell’evento avviene in un percorso che possiede due facce. Vi è un percorso esterno, fatto (sia dagli artisti sia dai fruitori) muovendosi nella zona spaziale scelta; ma vi è anche un percorso interno, fatto dalla singola persona e dal collettivo contemporaneamente: il presente vive con tutti i suoi sensi e le sue cognizioni quest’esperienza rimanendone scosso, stimolato ad andarsi dentro.
Le espressioni dell’evento prendono esistenza autonoma infastidendo, intenerendo, colpendo basso, rafforzando, celebrando, commuovendo lo spettatore. Lui è parte attiva dell’opera e con il suo comportamento-reazione modifica l’evento stesso.
La presa di posizione di quest’azione ha quindi la possibilità di dimostrarsi e mostrarsi in tante vesti ma con un nucleo ben compatto: è un gesto forte, che essendo valido non ha necessità di espressione violenta o aggressiva, ma non ha nemmeno intenzione di rimanere passivo agli avvenimenti. Il volere potente della comunicazione, dell’emotività e dell’assertività, ha creato una strada da grovigli di radici e rami. Il punto d’incontro sta nella mescolanza, nella tolleranza a questa confusione vitale, nell’accettazione di una condizione decisionale relativa alle circostanze e non assoluta.
Esattamente come la vita, quest’arte si propone con tutte le sfumature emozionali possibili, accettabili e non, laceranti, accecanti o vulnerabilizzanti. Le emozioni di base che possediamo (quelle scoperte dai ricercatori, provate da tutte le persone del mondo) sono quattro: rabbia, gioia, paura e tristezza. La funzionalità di queste emozioni è importantissima, ma ora si tende a nasconderle, a non saperle nemmeno più riconoscere. Le fattezze umane sono disposte al sentire, non possiamo scegliere cosa sentire. Rendersi conto che le nostre emozioni sono per la maggioranza negative, è difficile. Ma conoscere le fattezze insite del genere umano non può che portare al benessere. Affrontare o accettare ciò che ci fa male rafforza e protegge. La frustrazione che ha modo di ingigantirsi all’interno dei nostri pensieri e dei nostri comportamenti, solitamente non viene accettata e forse neanche capita. Si volge l’attenzione allo stimolare ed al cercare, alle motivazioni delle riflessioni e degli atti e le possibili soluzioni. Così nella vita esistono sfide, scelte, fallimenti, morte, ingiustizie. Dietro, oltre -e non prima, a priori in esclusiva- esistono soddisfazioni, serenità, compiacimento, lealtà e vittorie immense. Occuparsi delle proprie costituzioni mentali toglie sofferenza e procura una soddisfazione più alta.
Tutti noi possediamo una fonte di creatività che spesso è la nostra foce per trovare soluzione ai problemi. Nello stesso modo in cui tutte le persone usano l’arte in ciò che fanno, tutte le persone fanno anche uso della psicologia. Qui si propone un’esperienza creativa-psicologica: forniamo strumenti per affrontare, elaborare e forse capire ciò che ci circonda.
Esistono infiniti argomenti sui quali indagare e infiniti mezzi con cui farlo insieme.










Nasce e crea confusione, fonde le linee di confine.
In fusione le rappresentazioni della realtà e del sogno.

La comunicazione in tutte le sue espressioni si è arricchita con il tempo: la sua struttura pura è stata nascosta dietro a strati improduttivi che soffocano la diffusione emotiva. Comunicare è ora difficile per chi cerca di esternarsi e difficile è avere una giusta disposizione ad ascoltare e percepire gli altri. Le idee, gli atteggiamenti, i sentimenti hanno tutti un’introduzione, vengono elaborati e giustificati. Questa modalità di relazionarsi fa si che le vere entità individuali non escano dalla persona del tutto, ma rimangano dentro ad autoriflettersi: un coagulo sentimentale che lievita in sé, ribollendo e marcendo. Il ri-sentire i propri vissuti emotivi per volerli nascondere porta a distorcere, spesso sfocia in rancori e paure. Questo male individuale è il terreno in cui germogliano ansie, depressioni, senso di inadeguatezza. Il dolore è un fatto che si vive in ritiro o comunque al chiuso di un sistema relazionale -duale, familiare, amicale- a volte incapace di darci ciò che sono le risposte che cerchiamo.


Dobbiamo entrare in contatto con la nostra interiorità
anche dal punto di vista fisico.

Dobbiamo rendere esteriore ciò che non si vuole vedere,
rendere palese ciò che è nascosto in noi,
ribaltare il punto di vista umano.

Dobbiamo affrontare le nostre paure,
i sentimenti atavici
per elevarci ad un livello superiore e riuscire a crescere.

La mia arte si propone di dare un input ad ogni fruitore per iniziare un percorso intimo e personale dentro di sé,
si propone di svegliare qualcosa di assopito che trova spazio in ogni essere umano.

Entrando in un luogo ipotetico per affrontare le proprie paure,
si concretizza un atto di purificazione che avviene nel corridoio ideale dell’autocoscienza.

Clara Conci


Una buona percezione emotiva possiede una forza pericolosa, irriverente.
Sapere cosa si prova aiuta anche a sentire le emozioni degli altri, rendendo comprensibile ciò che sembra misterioso e più sereno ciò che a volte sembra difficile.
Invece, il risultato della ‘non comunicazione’, della 'non permeabilizzazione’ è la chiusura e l’omologazione tra tutte le persone… è il non avere veri rapporti con altri, è un apatia rinunciataria, lo spegnersi della curiosità e della creatività. Nel momento in cui si frequenta questa condizione la si inizia a concepire giusta, normale e chi cerca un’alternativa a ciò si sentirà intrappolato di più ad ogni suo movimento. Ci si costruisce intorno un’immagine che spesso ha poco di quell’umanità non superficiale di cui siamo costituiti: si finisce per non conoscere veramente sé stessi e di conseguenza nemmeno chi ti è vicino. E’ facile lasciarsi descrivere da parole e comportamenti che non fanno parte di sè. L’immagine riflessa allo specchio appartiene veramente all’ idea che la vive?
Il lavoro che noi proponiamo si basa sul lasciar scorrere il flusso comunicativo, tenendo conto delle sue molte tappe: assimilare comunicazione( informazioni, stimoli, emozioni) dall’ambiente in cui si vive; ascoltarsi e comunicare a sé stessi ciò che si sente-apprende; esternarlo tramite le proprie creazioni per lasciar percepire questo comunicato all’osservatore… che lo farà solo suo.
E’un sussurrare sensazioni, idee, pensieri per poi abbandonarli addosso ai partecipanti agli eventi in un momento di assoluto ascolto.


Il mio non rimanere indifferente alle persone ed alle situazioni
mi porta al sentire tutto ciò che mi circonda…
al contrario l’indifferenza ha sembianze viscide e meschine.
Questa apertura permeabile a livello sociale e politico mi porta ad assorbire ed a fermentare, possedendo così una possibilità di cambiamento, di crescita.
Immagino questa volontà di miglioramento come un grafico, una piramide al contrario, un imbuto… un filtro all’aperto dove piove, a volte pieno a volte vuoto: accoglie tutto ma ferma solo ciò che è compatibile o accettabile con me stesso.
E’ una censura mentale, o meglio: è una censura karmica.
Il miglioramento personale, sociale, civile è la mia motivazione ed obbiettivo; la severità con me stesso è il mezzo per raggiungerlo. Al contrario della fissità questa intransigenza aiuta a percorre più concentrato una strada che è un flusso a volte in discesa, a volte in salita.
I mezzi artistici permettono di comunicare fissando in una rappresentazione un concetto importante.
La fotografia è il suggerimento, il video è il pensiero finito del suggerimento.. quest’ultimo conclude ciò che la fotografia ha solo sfiorato, citato. Il video non è, perché rappresenta la compiutezza, la fine.
Quello che faccio nel mio lavoro è cercare di togliere un velo pesante come un muro, per avere un contatto, per vedere oltre…
E’ percepire che dopo la pelle c’è un disegno che và dopo l’ira, la paura, la tristezza… più avanti c’è un idea che sorpassa queste emozioni e le vince.
Ciò che si accende in una persona quando si immerge nei miei lavori, è un meccanismo che non gestisco…
questo non è il mio obbiettivo, da qui in poi il percorso è del fruitore.

Matteo Groppo


Il non affrontare il proprio pensiero e le proprie emozioni porta a farle scomparire, ma solo apparentemente: possono ripresentarsi senza essere più gestibili. Questa difficoltà nella gestione delle emozioni deriva dal fatto che non riusciamo a riconoscerle: ciò che non si conosce è incomprensibile, ciò che non si comprende non si controlla. Così il senso di colpa regola il nostro comportamento e non viceversa, così ansietà e disagi guadagnano posizione. Sapere cosa sono le nostre emozioni (quelle naturali: felicità, tristezza, paura, rabbia; e quelle culturali: delusione, sottomissione, amore, rimorso, ottimismo…) serve a riconoscerle e gestirle per poi comunicarle.

La voce è lo strumento con cui comunicare in ogni momento della vita quotidiana e per questo è imprescindibile: attraverso il suo uso durante le esibizioni, il mio intento è quello di toccare le “corde” emozionali delle persone che mi ascoltano.
Voglio provocare , suscitare emozioni forti
solo con l’uso puro , nudo della voce.
Desidero che ciò che dorme all’interno di ognuno di noi venga toccato da un suono che fa parte del nostro corpo di esseri umani, la voce. Questo mezzo naturalissimo che da sempre ci segue ha risorse sentimentali remote e perciò potenti.
Sono emotività che accomunano tutte le persone del mondo.
La mia ricerca ha la speranza di fare “arrivare” agli altri quello che provo, di agganciare un invisibile legame penetrante tra me e chi mi ascolta, chi mi osserva.
La mia voce è uno strumento che trasporta carichi emozionali personali e li comunica intensamente con l’intento di fare una trasfusione passionale limpida.
Il mio corpo interpreta a livello performativo ciò che voglio esprimere, è il mezzo fisico che materializza su me ciò che la mia voce con un suono ha estratto da un emozione.
Monica Nada

Guardarsi e guardare gli altri con occhi diversi ci permette di non nasconderci: usare verbalmente e non verbalmente emozioni è utile per comprendere meglio quello che ci circonda, facendo in modo che gli altri capiscano meglio noi stessi.
Concepire che tutti siamo uniti da esperienze di sbagli, vizi, angosce e morte ci può portare ad affrontare la paura sciogliendola per trasformarla in potenzialità, forza, novità, emotività vigorose. Ciò che terrorizza prende sembianze realistiche per essere così affrontato a viso aperto, dal vivo, elaborato e superato. Queste nostre inquietudini possiedono anche connotati estetici innegabili, da estrapolare e manifestare.


In passato occorreva un’artista abile per suscitare una forte emozione nel fruitore. Per questa ragione l’orrido era il bello, il mostruoso Sublime che insieme costituivano uno degli “effetti” più pregiati della pittura di qualità. La mostruosità era una fondamentale categoria dell’estetica, diciamo del bello. Mostruoso e brutto, nel linguaggio dell’arte non sono affatto sinonimi e men che mai il primo è l’accrescitivo del secondo. Del resto “bellezza dell’orrido” è locuzione comune che esprime un concetto estetico ragionevole, e non un paradosso.
Alle immagini si chiede e si è chiesto da secoli di fare la guardia, di vigilare minacciosamente, rappresentando la forza e il castigo, la “faccia del diavolo” e quella dei dannati così come quella dei santi.
Alcuni principi fondamentali filosofici e morali dell’estetica distinguono il Sublime dal Bello: il primo con più forza del secondo è capace di suscitare in qualsiasi modo idee di pericolo, dolore, angoscia. Questo terrore primitivo di impotenza e smania di potenza allo stesso tempo, sconvolge l’ordine naturale delle cose e l’ordine morale. L’irrazionale trionfa e produce emozioni estetiche sublimi anch’esse. Il limite estremo del pittoresco è raggiunto dal limite conosciuto dell’orrore “insopportabile”, ma poi si sopporta bene in quanto trasfigurato in estetica emozionale.
Nella mie opere non cerco il mostruoso ma vorrei che i fruitori dell’opera sentissero un brivido freddo e vivessero uno spaesamento creato dall’incomprensione (non totale) del mio lavoro. Cerco di emozionare e far pensare senza svelare molto... in quanto sono convinto che se un opera ha una buona percentuale di ignoto e incomprensibilità si rende più interessante e catalizza maggiormente l’attenzione delle persone facendole pensare....
Ma se qualcosa è in qualche modo terribile e ci spaventa è la causa delle emozioni più vive e profonde che l’uomo è capace di provare.
Come negare qualità artistiche alle immagini prese direttamente dalle cose della realtà che generano spavento o turbamento senza filtri, magari attraverso l’obbiettività di una macchina fotografica.
Così la fotografia rappresenta il livello Sublime dell’Arte, e non solo fotografica in quanto riprende direttamente il reale: nulla può essere più elettrizzante sensorialmente di qualcosa che è ripreso direttamente dalla vita che ci circonda senza il tocco estetico e velatorio dell’autore.

Passo ulteriore è legato all’installazione per creare sinestesia sensoriale più completa possibile...magari effettuata da persone diverse...con idee diverse che convivono assieme così come accade nella realtà.

Tutto ciò che provoca emozione è Arte.
Il Sublime è fonte di emozioni forti.

Gianluca Turatti




Il circolo virtuoso che questi eventi hanno la volontà di accendere, hanno inizio dalla sofferenza interna che ognuno prova e che diventa un principio vantaggioso, un motore eccezionalmente efficace: le emozioni sono un patrimonio importante che tutti possiedono ed è l’unica carta necessaria per sentire l’esperienza che noi creiamo. In queste occasioni si riescono a mettere a fuoco antichità e novità sentimentali, in una lingua che si conosce ma che ci si è dimenticati. Si cerca di dare voce a ciò che esiste ma che apparentemente non c’è.


L'improvvisazione musicale esiste da quando esiste la musica, come naturale impulso e disposizione dell'uomo al fare musica... l'improvvisazione musicale, come le cose in cui si crede
profondamente, va vissuta in prima persona, con tutti i rischi e le contraddizioni che ciò può comportare...
non ci si improvvisa musicisti improvvisatori, l'improvvisazione è militanza del musicista improvvisatore...
è continua ricerca, è lavoro e nel contempo arte sublime, può diventare impegno e dedizione di tutta una vita, pur nella consapevolezza che tale compito non sarà mai portato del tutto a compimento...
l'improvvisazione musicale, valida in quanto risponde in tal senso
e in maniera tangibile alla necessità di urgenza espressiva del musicista improvvisatore, diviene allora una forza propulsiva ai fini della creazione artistica...
finendo così per unire presente e passato, con lo sguardo rivolto verso il futuro... e non sono precluse nuove strade, futuri sviluppi artistici, rinnovati percorsi di ricerca, grazie all'universalità possibile che lascia aperte molte porte...

occorre varcarne la soglia e farne esperienza!

Giampaolo Pampa Pavesi

Si crea una via costruita su vocabolari emozionali, realizzata dalla condivisione. La variabile tempo con la variabile spazio si intersecano, trovando un luogo neutro, senza ora. Lì facciamo succedere quello che nel quotidiano è presente ma che viene e allontanato, deriso e negato. Lì immobilizziamo tutto ciò che è il nostro creato, sempre diverso, sempre connotato dall’imprevedibilità assoluta del nostro contenitore.


La Registrazione LIVE, come la fotografia…l’attimo del prima…del presente …( ma è già passato!) …e del futuro…il lascito della esecuzione….non la si può trattenere…una buona istantanea forse, che...mantiene l’impronta…lo stile, le caratteristiche…

Ignazio Di Bari


Diamo la possibilità di vedere ciò che esiste al di là e all’interno di uno Spazio, di un Tempo, di un Corpo, di una Mente, per poi tornare più ricchi nella propria vita.
Si cerca di togliere una carta da un pacco, togliere una carta da dentro. E’ uno slancio in avanti e un tuffo in profondità in un viaggio che ha valore per il suo ritorno: ciò che si è appreso da esploratore lo si riporta nella vita reale.


C’ è una stanza buia, non sappiamo quanto sia grande, che forma abbia e quanto siano alti i suoi soffitti: ci guardiamo intorno e cerchiamo di trovare un appiglio ma non vediamo niente. Quando ormai ci sediamo stanchi notiamo un piccolo luccichio sotto ai nostri piedi… sorpresi ci sdraiamo sul pavimento freddo… per guardare meglio avviciniamo un occhio e vediamo uno spiraglio, uno spioncino su un universo che è fuori intorno a noi… proviamo ad infilare un dito in questo piccolo foro e lo allarghiamo un’ pò a fatica… una piccola luce entra nella stanza e vediamo vicino a noi un filo con un amo legato, lo prendiamo e lo lanciamo istintivamente in questo apertura e subito qualcosa si attacca come una calamita… velocemente lo prendiamo lo avviciniamo al viso per capire di cosa si tratta… sembrerebbe un micro-organismo o qualcosa del genere… lo studiamo, ci interroghiamo, lo appoggiamo per terra di fianco a noi e continuiamo la pesca… ogni volta troviamo qualcosa di diverso e continuiamo a raccogliere questi elementi, ad accumularli… finchè ci guardiamo attorno e vediamo che ogni organismo ha creato un piccolo spiraglio sotto di sé… piano piano tutti gli spiragli si allargano in maniera disomogenea, si uniscono e la stanza scatola si dissolve… poi ci ritroviamo in una nuova stanza…

Nicole Valenti


In questa circostanza i pori della sensibilità emozionale sono dilatati. Il fruitore è pronto a sentire con tutti i suoi sensi per provare profondamente qualcosa, provare sentimenti e provare sperimentando. Ciò che la persona fruisce nell’evento è quello che esce dall’esperienza personale del soggetto che osserva e vive quel momento. Ogni sensazione è strettamente legata alla personalità ed alle esperienze che il soggetto ha vissuto nel suo passato. Ogni sfumatura emotiva è diversa a differenza di chi osserva. Chi crea non è solo l’artista ma anche l’osservatore: le opere vengono cambiate tramite la forza del partecipante che modifica con i suoi stati ciò che avviene lì, in quel momento -concetto fondamentale anche per la vita reale-.


Quello che amo e ricerco nell'arte è l'interazione.
Non più la semplice distaccata visione della cosa, ma l' intima ricerca del contatto personale con essa.
E' il sentimento che cresce per ciò che abbiamo davanti che ci porta al volerla conoscere, toccare, entrare e sentire.
Spesso la gente guarda ma non vede: è appunto il vedere ed il sentire che trova interesse nella mia ricerca artistica.
Tutti siamo in grado di percepire le cose, le persone, le situazioni e le sensazioni ma molto spesso lo si evita per non avere troppe implicazioni.
In ogni mia rappresentazione c'è una ricerca della percezione.
Quello che vorrei trasmettere è la curiosita' per poter andare al di là dell' apparenza.
Il mio lavoro è il non definire l'immagine per dare la possibilità ad ognuno di provare in maniera assolutamente libera e personale la ricerca di un'interazione con la creazione.
In questo modo la fusione tra l’osservatore e l’osservato dà origine ad una reciprocità tale che rende il fruitore creatore dell’opera .
Questo prodotto rappresenta un mondo all' apparenza uguale per tutti, ma che puo' diventare mutevole e individuale a chi si dà il tempo di trasformare il semplice guardare in vedere.

Isabella Grott


Avere e dare cognizione alle emozioni non significa solo descriverle a parole: significa ascoltarle, vederle, annusarle, toccarle. I molteplici mezzi con i quali noi agiamo facilitano il contatto con le emozioni nostre e dei presenti. Così un’interazione di note musicali entra e provoca reazioni che portano con loro conoscenze altre, aperture e varie sfumature. Nello stesso modo addentrarsi in un’installazione prevede una risposta fisica palpabile, oppure l’interazione con una performance dal vivo può scatenare dinamiche emotive nuove. I sensi sono aperti alla comprensione di una sfera che nella nostra quotidianità sociale non viene spesso richiamata, ma altrettanto spesso si lamenta perché non viene considerata: forse possiamo dire che la vita si lamenta perché non la si considera. La comprensione delle emozioni ha risonanze importanti in altri ambiti della nostra esistenza: in tutte le nostre relazioni con gli altri, sul nostro corpo, sulle nostre possibilità e capacità cioè sul nostro benessere generale, individuale e collettivo.


..ho provato piu’ volte nella mia vita artistica e non, a descrivere con delle parole un’emozione… ma non ne ho mai trovate di così grandi e valide per riflettere in razionale ciò che effettivamente vorrei che l’ascoltatore, il musicista o lo spettatore provi, nel vedere le mie opere o durante l’ascolto della mia musica o semplicemente nel toccare i miei strumenti musicali per provarli…

..di certo so che vorrei esprimere emotivamente una vibrazione di serenità e benessere, sia per me che l’ho generato che per chi lo accoglie benevolmente…

..sia il legno dei miei strumenti.. creato per generare vibrazioni sonore, sia le vibrazioni sonore stesse scaturite dal mio strumento, durante una mia esecuzione musicale..

sono il mezzo della mia esternazione d’anima ed accoglienza di tutte le altre che vogliano condividere un momento di vita con me…

forse.. le uniche parole che si avvicinano allo status empatico che deriva da questo incontro.. sono: vibrazioni energetiche emozionali…

Per riuscire a dare e fare tutto questo.. bisogna umilmente saper amare..
ed io amo.. incondizionatamente.. materia e anima.


Fausto Fiorini


La convivenza a volte anche pacifica tra queste diverse discipline artistiche, non è sufficiente per esprimere ciò che preme da dentro il nostro involucro d’arte: la reciproca, continua, totale, randomizzata scambievolezza tra questi sistemi produce una ricetta privativa. La compenetrazione concettuale tra forme d’arte concepisce un’amplificazione della nozione trattenuta entro i limiti che le descrivono. E’ un’espressività che non ha connotazioni prevalenti perché le preparazioni di ognuno di noi sono multidisciplinari: ogni elemento ha in sé più gradazioni, molti significati e diversi mezzi con i quali elaborare il sentito.
Le diverse forme di comunicarsi si intrecciano in un’unica entità, amplificando enormemente le possibilità di far giungere il messaggio lanciato.

Nel mio creare artistico ricevo stimoli da ciò che mi circonda e li elaboro attraverso diverse tecniche, che vanno dalla musica al video e alla fotografia. Grande importanza ha la mia formazione e attività di archeologo e studioso delle civiltà antiche, che emerge spesso nel mio operare nel campo dell’arte.
Arte come rielaborazione di una materia già presente in natura, così come il ceramista antico realizza le sue creazioni partendo dalla terra o i primi musicisti, che sono partiti dall’imitazione dei suoni naturali.
Stupore di fronte ai fenomeni, luci suoni, che vengono fatti propri dall’artista e ritrasmessi all’esterno attraverso il filtro della sua sensibilità. Così nascono le mie composizioni, che utilizzano materiali sonori tratti dal mio mondo più familiare (la casa, il lavoro, le voci dei cari), e le mie fotografie e video, che raccolgono le immagini e i gesti della mia quotidianità.
Il gesto artistico si esplica nel trasformare questi elementi in un veicolo della mia personalità di un certo momento, trasformandoli in icone sonore o visive della mia intimità.
Marco Martignoni

Così la musica prende dalle installazioni il diritto che gli spetta di opera d’arte e dalla performance il diritto di proclamare il suonare come atto performativo. Come fa una voce a cristallizzarsi in una statua? E una fotografia ad avere il movimento di un video? Questa fusione tra sistemi è quasi indispensabile e vale anche in altre materie: la storia non è disgiunta dalla geografia così come la biologia non è separata dalla matematica. Frazionando e iperspecificando aree si creano dei muri che ispessendosi nel tempo diventano sempre più difficili da eliminare: c’è il rischio di stagnazione riduttiva. Così anche nella vita, l’uomo è parte integrante dell’ambiente che lo circonda. Tornare alle proprie matrici, sentire l’appartenenza a questo mondo è un processo molto difficile perché pieno di contrasti e incomprensioni, saturo di rigidità nell’adattamento.
Ecco che l’equilibrio, come ogni senso di finitezza( il totale benessere, la forza, l’orgasmo, la vittoria) è fugace, sfuggevole.


L’arte è un atto di creatività svolto dall’essere umano. L’atto artistico può essere più o meno complesso e comprendere una oppure tante funzioni.

La natura ama la dinamicità e l’umano la staticità:
l’architetto paesaggista tenta di idealizzare una coesistenza in questa contraddizione…
lui progetta uno stato idealistico.

La realizzazione di questa idea è un innesto di un processo di evoluzione e di regresso.

L’architettura paesaggistica è l’arte
di abbinare le contraddizioni in maniera sinergica,
di modo che natura ed essere umano si trovino a proprio agio.

Quello che tento di trasmettere con un mio progetto è una possibile convivenza…
ma siccome le contraddizioni non si lasciano unire stabilmente,
come ogni architetto paesaggista e come ogni artista
vivo con l’utopia di riuscirci.

Zeno Valenti


L’impermeabilizzazione porta ripercussioni anche a livello espressivo. Se le aree emotive e percettive sono sigillate aumenta il riverbero al loro interno; se le zone invece sono aperte vi sono infinite possibilità di accogliere ciò che si muove intorno a noi, ciò che poco prima ci sarebbe sfuggito. Se queste zone sono anche connesse tra di loro si percepiscono le illimitate possibilità dell’esprimere ciò che si sente.


Disegni che indagano
ogni tanto non sempre
negli anni
cercano i confini invano
esplorano e trovano il pieno infinito
e allora temi di confonderti
la tua anima e quella di un altro
paura annaspi
due strade
esplodere o implodere
ma tu non raccoglierti che tanto non serve
chi mi parla così?
E’ indubbio la mia anima
la spalmo sui muscoli supini distesi
e attendo.

Anna Pisani







Questo non fa dell’ambiente creato un atto terapeutico. Non si è in attesa di positive reazioni e nemmeno si ha una tensione verso meri meccanismi provocatori. Ma intravedere il soffrire fa scappare e noi si vuole affrontare questo male che inevitabilmente è parte della vita. Andandogli incontro non lo si vuole istigare ma c’è una volontà di miglioramento di sé dietro all’atto coraggioso dell’avvicinamento per meglio conoscere. Cronica, recidiva, audace è la proposta che prende possesso del luogo spazio-temporale in cui agiamo.
Nella sfida, nel buttarsi recidivo in tutte le esperienze con curiosità, andando oltre le paure con audacia, si tenta ancora, ci si ferisce e ci si rafforza. Voler provare tutto. Per poter fare poi le proprie scelte andando incontro a ciò che si è. Tollerando le ingiustizie che non possiamo manipolare, stringendo alle nostre possibilità personali -enormi se scoperte- la gestione delle situazioni tramite le nostre costituzioni emotive, cognitive, creative, ideali.